Il ritorno al maestro unico è inserito davvero nel decreto, la ministra lo giustifica con motivazioni pedagogiche.....
Da fautrice e pioniera del tem docenti, dell'equipe pedagogica (era il lontano 1986 quando iniziavo la sperimentazione del primo modulo nella mia provincia), per superare la solitudine della classe, per permettere ai bambini una relazione non più unidirezionale, ma aperta ad una diversificazione dei punti di vista...per adeguarsi ad una famiglia e ad una società che andava cambiando.....perchè l'insegnante tuttologo denunciava già tutti i suoi limiti.....NON COMPRENDO....
La società di oggi richiede altre riflessioni, altri interventi, gli insegnanti si trovano di fronte ad altre esigenze, ad altre sfide, che rendono sempre più necessaria un'apertura ed un confronto che superino il concetto stesso di classe, di tempi e scansioni rigide, proiettando tutte le componenti del processo educativo verso contesti in cui il sapere, anzichè essere trasmesso, possa essere costruito in maniera collaborativa.....
Su questa tematica riporto un approfondimento che voglio condividere:
L'ambiente entro cui la scuola è chiamata oggi a riorganizzarsi è contraddistinto dall'emergere della “società liquida”, secondo la felice definizione del sociologo Zygmunt Bauman.
« … Nel corso della storia umana - afferma Bauman - il lavoro della cultura è consistito nel selezionare e sedimentare nuclei duri di perpetuità estraendoli dalle vite umane passeggere e dalle precarie azioni umane, nel creare il duraturo dallo scorrevole, di ricercare la continuità nella discontinuità e nel trascendere pertanto i limiti imposti dalla mortalità umana ponendo uomini e donne mortali al servizio di una specie umana immortale (Bauman, 2000).» Ora, questa capacità di un tempo di determinare le tappe successive, che costruivano una storia continua orientata a una meta, non esiste più, la “modernità liquida” nella quale siamo immersi, sostiene Baumann, è fatta di legami mutevoli e fragili, le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure.
Da una modernità solida, definita, localizzata, vincolata da legami nazionali, siamo passati ad una modernità liquida, una frase in cui si riassumono gli effetti della globalizzazione, del nomadismo, delle reti virtuali, delle trasformazioni prodotte da internet, un mondo e soggettività ridefiniti dalle enormi, e per certi aspetti affascinanti, potenzialità delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
La scuola non può esimersi dal fare i conti con queste modificazioni, che sono interiorizzate dalle nuove generazioni di “nativi digitali” al punto da sentirsi alieni entro l'attuale struttura scolastica, che continua ad essere impostata sull'uniformità di riti, procedure e impalcature ottocentesche, come la lezione, i compiti, i voti, gli esami, le scansioni temporali, la rigida costruzione dell'edificio scolastico, l'organizzazione per classi d'età affidate a gruppi di adulti che un tempo erano detentori quasi unici delle conoscenze. Un'immensa organizzazione burocratica concepita per il governo della popolazione e per il disciplinamento dei comportamenti di massa, con il compito prioritario d'inculcare condotte e valori senza i quali le società non avrebbero potuto funzionare. Un apparato definitivamente giunto al capolinea entro cui non si può più pretendere di educare, con minacce e obblighi non condivisi (5 in condotta, esami di riparazione, divise ecc..), una generazione che vi è lontana anni luce.
C'è bisogno di una grande ricerca in educazione, che si apra a quanto sta avvenendo in Paesi molto più avanzati di noi, e che tenti, per quanto faticosamente, di delineare un nuovo scenario educativo, capace di vincere la sfida finora drammaticamente persa dalla scolarità di massa, di conciliare l'acquisizione da parte di tutti delle competenze necessarie e indispensabili per vivere in modo attivo e consapevole in questa società e l'opportunità, per chi ha attitudini e volontà, di raggiungere l'”eccellenza”.
Continuo a NON COMPRENDERE....la motivazione pedagogica per il ritorno al maestro unico...
8 commenti:
Forse sarò impopolare, ma non vedo perché un maestro capace non possa insegnare a una classe le basi della cultura. A oggi non mi risulta che gli insegnanti dell'area scientifica siano tutti laureati in matematica o in materie scientifiche, anzi a giudicare dall'esperienza del mio istituto comprensivo le maestre sono tutte di formazione umanistica. Fermo restando che l'insegnante di inglese deve possedere la laurea specialistica e dunque dovrebbe essere una figura a sé, non capisco qual è la difficoltà pedagogica. Altro discorso è la perdita delle cattedre.
Francesca sono d'accordissmo con te! anche nel mio blog sto facendo una critica fortissima a questa novità e non da precaria (come vedo tanti purtroppo pensano) ma da insegnante! il problema è pedagopgico non economico come ne fa il Governo!!! Betti
Ciao Betti....ho letto tutti i post del tuo blog...sono d'accordo che il problema è pedagogico e non economico...
Cara Palmy, io sono stata insegnante unica ma mi sentivo davvero inadeguata, schiacciata da un peso davvero immane: rispondere da sola a tutte le esigenze dei miei alunni e dei loro genitori: esigenze cognitive ma soprattutto affettive e relazionali...il tutto senza confronto, senza dialogo, senza sostegno...ed erano altri anni...alla prima occasione ho messo inseime una sperimentazione per poter introdurre sperimentalemente il modulo....successivamente sono passata al tempo pieno...ora sto frequentando un corso universitario nel quale trovo conferme teoriche alle mie pratiche...dove si ritiene indispensabile il confronto ed il dialogo tra diverse fgure educative, perchè le problematiche poste dai bambini e dalle loro famiglie sono complesse e richiedono osservazioni multiple, analisi, confronto, cautela....possiamo pensare di affrontare tutto ciò da soli? Il rischio dell'autoreferenzialità mi sembra troppo alto....come vedi le motivazioni non sono economiche....
France,
la tua analisi delle motivazioni-contro il ritorno del maestro unico è fra le più complete e significative che abbia letto in questi gg sui vari blog. Sei davvero Brava!
vado a leggere anche Betti!
ti abbraccio
g
Grazie, france, di avermi chiarito la tua opinione che nasce dalla tua esperienza. Io parlo dall'esterno, non sono mai stata maestra e non avevo considerato questo aspetto.
è importante capire... :-)) poi si può anche non essere d'accordo... :-) a presto
Grazie a tutte per i contributi...certo che si può anche pensarla diversamnete, ci mancherebbe...ma chi ha affrontato le diverse situazioni non può pensare di tornare indietro....il miraggio della semplificazione e dell'unitarietà può confondere....ma unitarietà non significa necessariamente persona unica, pensiero unico....unitarietà è costruzione collaborativa del progetto, che deriva da approfondimenti diversificati, idee e convinzioni diversificate che vanno mediate, negoziate in una proposta, appunto unitaria.....
Un abbraccio
france
Quello del maestro unico o del team educante è un falso problema, dal punto di vista pedagogico. Si discute sulla quantità. Io discuterei sulla qualità. Se il maestro unico è un MAESTRO, sa essere uno, trino e più ancora. Se tre maestri sono tre schiappe, allora...
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