venerdì 11 settembre 2009
LEGGERE PER INSEGNARE A LEGGERE
Un genitore lo sa. È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un figlio abbia in mano un libro anziché il Nintendo-Ds. Da oggi però papà e mamma sapranno che non c’è colpa da parte del piccolo, perché «la lettura è una pratica innaturale, fra le più difficili in assoluto e l’uomo non è geneticamente programmato per leggere».
La frase non viene da un casting del Grande Fratello ma dal 38° Congresso mondiale Iasl - Associazione internazionale di biblioteconomia scolastica - che per la prima volta si tiene in Italia, all’Università di Padova. La teoria - è stata esposta da Aidan Chambers, star della letteratura per «giovani adulti» e della «pedagogia della lettura» anglosassone. Assolvendo i ragazzi, però, il professore bacchetta implicitamente gli adulti che soli hanno il potere di trasmettere il sapere (e il piacere) del leggere. I genitori prima di tutto, che non hanno iniziato a nutrire il cervello dei loro figli da 0 a 3 anni («anni chiave», per Chambers) e poi gli insegnanti, che dovrebbero trasformare le loro classi in «reading churchs», templi della lettura. Lui infatti è un teorico della «lettura insegnata», «precoce» e «ad alta voce»
Perché lei raccomanda la lettura «precoce» e «ad alta voce»?
«Perché siccome leggere è “innaturale”, bisogna tener conto dei cinque sensi e della dimensione “fisica”. Soddisfare il tatto, l’olfatto, la vista, l’udito. Anche nella lettura silenziosa infatti si ascolta il ritmo. La trasmissione orale, poi, fa parte della storia dell’uomo e anche oggi un bambino legge più in fretta quello che ha già sentito. Quanto alla precocità, da 0 a 3 anni nel suo cervello si può formare un network di connessioni e conoscenze la cui ampiezza dipende dalle immagini che ha visto e dalle parole che ha sentito».
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