domenica 17 aprile 2011

Imparare dagli errori

E' ancora la collega Renata a segnalarmi un video mooolto interessante.
Un video che racconta l'esperienza didattica di Diana Laufenberg, un'insegnante americana che, dopo diversi percorsi scolastici, espone le sue riflessioni sui cambiamenti avvenuti nelle modalità di apprendimento e, conseguentemente nella didattica, attraverso le generazioni che la hanno preceduta.
Dal bisogno di informazioni da portarsi a casa, e quindi dall'istruzione, al bisogno di costruire la conoscenza selezionando le fonti, e quindi alla consocenza co-costruita.
Da una didattica trasmissiva ad una costruttiva attraverso problemi da risolvere.
E dentro questa esposizione ci sta un cambiamento della concezione dell'errore...L'errore è formativo, aiuta a migliorare, fornisce stimoli, l'errore non è negativo, fa parte del processo di apprendimento.


Interessante questo passaggio, proprio in riferimento alle prove Invalsi
"Nel panorama educativo di oggi, abbiamo a che fare con un'infatuazione nei confronti della cultura dell'unica risposta esatta da segnare correttamente nei test a scelta multipla, e sono qui per condividerlo con voi, questo non è insegnamento. Questa è assolutamente la cosa sbagliata da chiedere, dire ai ragazzi di non sbagliare mai. Chiedere loro di avere sempre la risposta giusta non permette di imparare. Abbiamo quindi messo in piedi questo progetto, e questo è uno degli artefatti del progetto. Non li mostro quasi mai a causa del problema dell'idea di errore."

Grazie Renata per questa segnalazione!
Sono assolutamente d'accordo sul concetto di "errore formativo" (per fortuna lo scrivo sul contratto formativo da diversi anni!) e credo  faccia parte di un percorso didattico centrato sulla persona che apprende attraverso l'approccio a problemi concreti, reali, selezionando le fonti, utilizzando gli strumenti di volta in volta più appropriati, in cui la valutazione sia in itinere e appunto, autenticamente formativa.

E le prove Invalsi?
Secondo me,  gli alunni che apprendono secondo questa modalità, si approcciano alla prova con uno spirito di ricerca, non ne subiscono gli effetti  ansiogeni negativi  e forse, risultano più attrezzati anche di fronte ai diversi problemi che esse pongono, che dovrebbero simulare situazioni in cui mettere in atto le competenze acquisite.
Del resto esse non dovrebbero servire per valutare gli alunni, ma l'offerta didattica della scuola in un determinato contesto.
Per ora non vedo altre possibilità per poter avere dati minimi sulle competenze di base degli alunni di tutte le scuole d'Italia...

Nessun commento: