domenica 22 aprile 2012

Flipped Class ovvero....la scuola capovolta!


 La classe alla rovescia...Cos'è?

Negli USA, molti insegnanti si stanno cimentando con questa metodologia...alla rovescia.
Si tratta di sovvertire le modalità tradizionali di insegnamento:
1. La lezione diretta dell'insegnante viene registrata in formato video e consegnata agli studenti che la visionano a casa, con i loro tempi e con la possibilità di fermarla, rivederla, riflettere...
2. In collegamento con la classe possono porre domande ai compagni o all'insegnante, discutere, comprendere collaborativamente.
3.Il lavoro in classe si configura come l'homework, l'esercitazione, in gruppo e per livelli differenti.
4. L'insegnante coordina, collabora, sostiene...

In questo modo gli studenti sono impegnati e coinvolti nella costruzione del proprio apprendimento.

Sembra l'uovo di Colombo....

Guardando questo video avrete modo di comprendere le motivazioni per cui un'insegnante decide di "Rovesciare il proprio modo di insegnare"" Why I flipped My Classroom"
Potete seguirlo, tradotto in italiano, qui




Sempre dal sito ADI ho prelevato questa efficace slide



Ho scoperto che se ne è occupato, recentemente, 26 Marzo, 2012
Graziano Cecchinato, Università di Padova, (il mio relatore per la laurea triennale :)) del quale vi segnalo questo Prezi.

Allora, che facciamo.....rovesciamo???

mercoledì 18 aprile 2012

PER UN UMANESIMO PLANETARIO

Il sociologo e filosofo Edgar Morin, sarà al Piccolo Teatro  di Milano venerdì 20 aprile, alle ore 16 e 30, per presentare il suo nuovo libro "La via. Per l'avvenire dell'umanità." (Raffaello Cortina Editore)

Domenica scorsa, sempre sul magazine Domenica24, Armando Masssarenti ha intervistato il grande sociologo...pubblico qui alcuni stralci, importanti riflessioni per il nostro lavoro di educatori.

Da cosa partire per ridefinire il benessere collettivo mettendo al primo posto i valori della conoscenza e della cultura?
Oggi – risponde Morin – è più che mai necessaria una confluenza tra diverse riforme. Una riforma educativa che permetta di affrontare in tutta la loro complessità i problemi fondamentali delle persone in un tempo radicalmente nuovo come l'era planetaria. Sono i problemi che ho indicato nel mio libro I sette saperi necessari all'educazione del futuro: la natura complessa della conoscenza e il suo rapporto con l'incertezza, l'unità bio-psico-antropologica della condizione umana, il pianeta Terra come destino comune dell'umanità, l'etica della comprensione... Sono problemi che oggi richiedono una nuova formazione, anzitutto, dei formatori: la connessione fra la cultura umanistica (filosofia, letteratura, poesia, arti), le scienze dell'uomo e le scienze naturali per elaborare nuovo umanesimo, un umanesimo planetario, e per dare vita a un nuovo Rinascimento. E poi il superamento dell'attuale organizzazione del sapere, frammentato in tanti ambiti disciplinari unidimensionali che non comunicano fra loro, attraverso un pensiero complesso, capace di concepire la multidimensionalità di tutti i problemi importanti che si pongono con l'affermarsi vorticoso dell'era planetaria».

Cosa pensare allora dell'uso delle nuove tecnologie? Oggi i "nativi digitali" sviluppano capacità cognitive che se opportunamente indirizzate potrebbero anche avverare il sogno di John Dewey di una educazione democratica, volta a formare individui critici attenti ai reali problemi comuni. Le nuove tecnologie sembra che portino una maggiore propensione al problem solving e alla socializzazione, e si basano su un senso di gratuità contrario agli atteggiamenti egoistici o autointeressati.
«Sono del tutto d'accordo – risponde Morin –. Oggi è più che mai necessario saper combinare la presenza concreta dell'educatore, del formatore, con le straordinarie possibilità cognitive offerte da Internet, Google, Wikipedia, eccetera. Per raggiungere questo obiettivo è necessaria quella riforma del pensiero di cui abbiamo parlato, perché occorre saper unire, connettere, combinare fonti del sapere che rimangono frammentate e separate. Con lo sviluppo della tecno-scienza e della società dell'informazione, diventa cruciale la sfida di quella che in varie occasioni ho chiamato la democrazia cognitiva. Con Internet si è ormai formata una sorta di gigantesco sistema neurocerebrale semi-artificiale, in espansione progressiva, del quale tutti siamo parte attiva. Non abbiamo soltanto un problema di strumenti educativi nuovi e più potenti, ma anche un problema di comprensione e di insegnamento di una nuova condizione umana, nella quale esseri umani e sistemi artificiali sono fortemente interconnessi tra loro in una nuova società unificata. Nonostante rischi notevoli per la libertà personale, Internet crea beni cognitivi comuni e apre la possibilità di fruire democraticamente di beni culturali fino a ora riservati a un'élite: beni d'immagini artistiche, beni musicali, beni letterari. Le riforme cognitive e educative che noi auspichiamo possono realizzarsi, almeno in parte, utilizzando le vie della rete. Esse sono in grado di contribuire alla costituzione di beni cognitivi e culturali comuni per la società-mondo in gestazione, che siamo chiamati ad aiutare a nascere, per diventarne cittadini».

Il nostro Manifesto sottolinea che saperi umanistici e ricerca scientifica non vanno intese come antagoniste. Si è anche visto che i ragazzi che sviluppano pratiche artistiche (pittura, musica, recitazione) raggiungono risultati migliori anche nelle materie scientifiche. 
«La cultura umanistica e scientifica hanno le medesime fonti storiche (dalla civiltà greca al Rinascimento), obbediscono alle stesse regole fondamentali della dialogica argomentativa e della discussione critica, hanno lo stesso ideale etico della conoscenza della verità. Ma, a partire dall'800, vi è stata la grande disgiunzione, per cui ognuna delle due culture possiede ormai le sue istituzioni, le sue modalità organizzative, i suoi esperti. E questa istituzionalizzazione delle due culture ha moltiplicato i saperi frammentati, chiusi su se stessi, monodimensionali, producendo la figura dell'"esperto", produttore di un sapere calcolatore e strettamente specializzato. Tuttavia le profonde metamorfosi delle scienze fisiche, cosmologiche, biologiche nel corso del '900 hanno creato le condizioni di una "rivoluzione paradigmatica", con la crisi del paradigma di separazione e di riduzione proprio della scienza classica e la gestazione ancora incompiuta di un paradigma di complessità (cumplexus: ciò che è intrecciato). Per questa strada, la scienza ha ritrovato le questioni fondamentali che si poneva la cultura umanistica e nella conoscenza complessa della scienza nuova l'uomo è riapparso come essere fisico-bio-antropologico-sociale. Così è divenuto possibile non solo il dialogo fra le due culture, ma lo stesso superamento della loro grave rottura, che è condizione indispensabile per produrre un sapere che sia all'altezza della sfide del nostro tempo. La vera cultura di cui abbiamo bisogno è una cultura della complementarità, e non più della disgiunzione, una cultura della dialogica tra homo prosaicus e homo poeticus, tra homo faber e homo ludens, tra homo oeconomicus e homo imaginarius».

Riflessioni affascinanti che ci indicano il senso del nostro lavoro, delle discipline, delle metodologie, delle tecniche, degli strumenti, inseriti in un ottica complessiva, che supera le frammentazioni e gli schieramenti...per tendere ad una finalità superiore che è quella formazione dell'uomo e del cittadino...

Morin continua dicendo che stiamo attraversando una nuova Preistoria, la chiama Età del Ferro dell'Era Planetaria, età di grandi furori e barbarie e insieme di grandi aperture e promesse....

domenica 15 aprile 2012

INVALSI...istruzioni per l'uso...


Come ogni anno...puntuali arrivano le prove Invalsi...con il loro carico di perplessità e di preoccupazioni, perplessità sulla loro effettiva capacità di registrare le competenze dei nostri alunni oltrechè sulla loro reale utilità... e preoccupazioni rispetto alla loro organizzazione, alla capacità dei nostri alunni di affrontarle con la dovuta serenità...

E' di oggi la notizia, sul Sole 24 ore, che esse diventano "attività ordinaria" perchè, come dice il sottosegretario all'istruzione Elena Ugolini, "Abbiamo bisogno di individuare i punti di forza e di debolezza della scuola"...I test Invalsi danno solo un'indicazione preliminare...ci dicono cosa non va...il perchè lo devono comprendere gli insegnanti perchè il loro ruolo è fondamentale.....(sono sempre frasi del sottosegretario)

Intanto, dal punto di vista organizzativo trovate tutto sul sito Invalsi

Se invece volete che i vostri alunni prendano confidenza con lo strumento, senza sprecare carta..n.d.r.
ecco un sito davvero utile, dove gli alunni potranno accedere alle prove on line e mettersi alla prova.
Sottolineo la possibilità di poter eseguire le prove on-line, leggete quanto viene affermato dalla gestione del sito:
ecosostenibilità prove invalsi
ECOSOSTENIBILITA': grazie al nostro sito sono stati risparmiati fino ad oggi ben 2.198.240 fogli di carta.
Scopri il perchè cliccando qui.
 foto dal sito

Eh già perchè queste prove costituiscono un bel costo in termini di risorse umane e ambientali...la scarsa disponibilità alla dimensione digitale ha un costo...

Leggete anche quanto riportato dal Fatto Quotidiano al proposito
Questa prova che ci costa 3 milioni di euro per gli osservatori e per i 21 tir di carta che trasportano 45 mila pacchi di domande imbustate (dato 2011).

Sulla spinosa questione della loro utilità vi invito a leggere questo approfondimento nel sito dell'ADI
dal titolo: INVALSI E VALORE AGGIUNTO,  a che punto siamo? dal quale ho tratto queste considerazioni:

Nel nostro Paese le posizioni su cosa fare di questi dati oscilla fra:
  1. l’occultamento a fini esclusivi di miglioramento (è quanto successo finora; ma quante scuole hanno scaricato studiato ed utilizzato i dati?)
  2. e l’ipotesi di utilizzarli a tambur battente per una politica di in/disincentivi.
Posto che la prima ipotesi è stata quella fin qui percorsa e rischia di costituire uno dei tanti esborsi immotivati del povero contribuente, c’è anche da dubitare della sicura utilità dell’altra ipotesi.
Infatti:
- Finanziare i peggiori per aiutarli a migliorare?
Ma qualcuno ha in mente la storia delle aree a rischio? da dove si cerca di non uscire per non perdere i finanziamenti… e questo non è successo solo in Italia.
- Chiudere scuole? Licenziare docenti?
Sembra essere questo un orientamento oggi concretamente percorribile nel nostro paese? Quando qualcuno agita questa bandiera, c’è da domandarsi se non lo faccia per bloccare ogni possibile miglioramento, sicuro come è di suscitare proteste scomposte e molto incisive.

Nel quadro del progetto VALeS è previsto anche di impostare la valutazione dei dirigenti. Resa necessariamente obbligatoria dalla legge sulla dirigenza, questa  scottante faccenda sta facendo spendere soldi da più di un decennio in sperimentazioni che non approdano a nulla. Anche perchè senza valutazione di scuola, ma anche senza cambiare almeno in parte i meccanismi di reclutamento e gestione del personale, i suoi risultati sarebbero estremamente opinabile.
Il contesto del progetto VALeS sembra un inizio ragionevole...

Ne deduco che i risultati delle scuole, dovrebbero essere studiati dal Collegio Docenti e resi pubblici, in modo che l'utenza sia informata soprattutto sul valore aggiunto apportato dalla Scuola stessa..
In questo modo il feedback dei risultati si sposterebbe dall'insegnante alla comunità educante nella sua interezza...

Una mensilità in più non muove grandi passioni, in gente che ha scelto fin dall’inizio una professione non economicamente remunerativa ma che presentava altri vantaggi per la loro vocazione ed il loro stile di vita. Mentre l’ambizione di avere una buona immagine come scuola o il timore di farsi sfilare l’amata cattedra, per fuga di alunni, possono molto di più.

domenica 8 aprile 2012

Le buone pratiche: I professori dell'autoriforma

nuove ali a vecchi sogni....o meglio nuove ali per nuove prospettive...

Riporto dalla Domenica 24 di domenica scorsa, uno doveroso articolo dello storico Sergio Luzzato che ha dedicato un omaggio ai "professori dell'autoriforma" ovvero quegli insegnanti che, incuranti delle (non)riforme, del programma, dello stipendio, del tempo necessario, dell'indifferenza che li circonda, si dedicano al rinnovamento della scuola, colmando il gap sempre più profondo tra informale, non formale e formale, tra la vita fuori e la scuola dentro...una scuola che chiude ermeticamente le porte al mondo dei propri utenti...
"Eppure, nelle scuole italiane ci sono anche professori – una minoranza, ma una minoranza significativa – che hanno imboccato o stanno imboccando un cammino differente: a prescindere dalla riforma Gelmini, dalla riforma Berlinguer, da chissà quali altre riforme passate o future. Potremmo chiamarli, per semplicità, i professori dell'autoriforma: altrimenti la riforma dovrebbe avere tanti cognomi quanti sono questi insegnanti che non coltivano né la religione dell'imboscamento né quella del piagnisteo. Che non si limitano a lavoricchiare sospirando il 27 del mese, né minacciano di «togliere il disturbo» perché la scuola italiana non è più quella di una volta.
Sì: per esperienza diretta o per sentito dire, quali docenti dei figli nostri o dei figli di amici, a livello di scuola secondaria inferiore o di scuola superiore, in un liceo classico o in un istituto professionale, tutti noi sappiamo come nelle scuole italiane esistano professori di una specie particolare. Sono gli insegnanti che non fanno finta di niente. Che riconoscono eccome l'impatto epocale delle nuove tecnologie sulle modalità di trasmissione della conoscenza. Che si interrogano eccome sulla concorrenza di «agenzie educative» estranee agli ambienti della scuola tradizionale. Che si misurano quotidianamente (per fare un unico esempio) con l'evoluzione materiale e immateriale del concetto di "classico". Che si pongono eccome, insomma, il problema di un digital divide culturale e antropologico oltreché generazionale. E che cercano di rimediare a questa separazione – di colmare il vuoto fra professori e studenti – attraverso una didattica innovativa nelle forme come nei contenuti."

Se riuscite  a recuperare il magazine leggete anche
-Ma che cosa è utile imparare

sabato 7 aprile 2012

Pasqua...nuove ali ai vecchi sogni

Pasqua  Fabbricona - by Auri

Ti saluto, Speranza, tu che vieni da lontano
inonda col tuo canto i tristi cuori.
Tu che dai nuove ali ai sogni vecchi.
Tu che riempi l'anima di bianche illusioni.
Pablo Neruda

mercoledì 4 aprile 2012

Prospettive per una scuola del 21esimo secolo...Lezioni dal mondo...



Prendetevi un po' di tempo e guardatevi questa splendida presentazione in Prezi, splendida e per la forma (Prezi è davvero un ottimo strumento) e per il contenuto...Una vista d'insieme davvero importante sulle prospettive dell'insegnamento e della leadership scolastica, un lavoro sviluppato a partire dall'indagine Talis 2008 e basato sulla raccolta delle migliori "best practices" from around the world.
Il tutto targato Oecd, al link segnalato potrete trovare anche il report in pdf "Preparing Teachers and Developing School Leaders for 21st Century:Lessons from around the world".